lunedì 31 agosto 2015

YEMEN, DOVE IL TEMPO NON ESISTE

Una domanda che mi viene posta spesso è "Qual è il viaggio che ti è piaciuto di più?".
La risposta è lo Yemen.  E' stato un viaggio bellissimo, vissuto con entusiasmo, meraviglia e anche con una certa apprensione, irripetibile perché ad oggi (e credo per un po' di tempo) il paese non è accessibile al turismo.

Ai tempi avevo scritto un testo per la rivista di "Avventure nel Mondo". Di seguito c'è una parte di quel racconto di viaggio, come l'avevo vissuto io.
Buona lettura

Qatia (leggete e capirete)

"Yemen, Dicembre 2000




Quando ho iniziato a viaggiare tutto il mondo era a mia disposizione.


Talvolta però avevo la strana sensazione che non fossi io a scegliere dove andare, ma che fosse il viaggio che scegliesse me. Questo è capitato soprattutto per lo Yemen.




Ne avevo sentito parlare da un compagno di viaggio in India che me l’aveva descritto magnifico, sporco e pericoloso. Avevo immaginato montagne di immondizia, strade asfaltate con i rifiuti, sparatorie ad ogni angolo. I rapimenti, poi, erano un ottimo deterrente e dentro di me avevo sentenziato: “lo Yemen sarà anche bello, ma io non ci andrò mai”.


Una sera d’inverno lo Yemen mi ha scelta, complice la telefonata di un amico: il suo entusiasmo mi ha fatto superare i dubbi e i timori, e ha fatto nascere in me la certezza che sarebbe andato tutto bene.


In meno di 24 ore mi sono iscritta al viaggio e due settimane dopo  sono atterrata a Sanaa, quando fuori era ancora buio. Fuori dal finestrino dell’aereo c’era una città pallida, con le fioche luci verdi dei minareti e i fari di poche macchine che tracciavano scie nell’oscurità delle strade.



In aeroporto ho visto i primi yemeniti con le guance deformate, intenti a masticare il qat, la droga nazionale. Ogni volta che pronunciavo il mio nome, la gente mi guardava perplessa: l’assonanza di Katia con Qat probabilmente doveva sembragli bizzarra, forse avrebbero voluto chiedermi come mai i miei genitori come avessero scelto per me un nome che ricorda uno stupefacente.



Ripensando a quei giorni, stupefacente è la parola più adatta per descrivere lo Yemen.



Stupefacente come sinonimo di straordinario, di unico e incredibile. Non esiste al mondo una città più affascinante e incantata di Sana’a. Camminare nella città vecchia è tornare indietro nel tempo, e aspettarsi Sherazade. Stando alla tradizione, la fondazione di Sana'a risalirebbe a tempi biblici e fu opera di Sam, figlio maggiore di Noè. Non sembra essere cambiato molto da allora: ci sono ancora le finestre in alabastro, utilizzato quando il vetro non era disponibile. Nei vicoli ti aspetti di incontrare Sherazade, pronta a raccontare al sultano la sua storia come nelle “Mille e una notte”.


Stupefacente anche come una droga che dà dipendenza, perché lo Yemen è come il qat: è amaro e devi masticare a lungo prima di sentirne gli effetti e poi non se ne può più fare a meno, perché se si riesce a resistere ai Kalashnikov che tutti indossano come se fosse una cravatta elegante, alla polvere che si deposita a strati fino ad indurire la pelle e all’assordante rumore dei clacson,  lo  Yemen ti entra nel cuore e non ti accorgi di niente quando hai davanti agli occhi la bellezza struggente di  Marib, l'antica capitale del regno di Saba, quando  la vedi abbandonata al suo destino, ti dimentichi tutto il resto. Dell’antico splendore rimangono solo  i resti dei templi della Luna e del Sole, una parte della Grande Diga e poco altro. Sembra che Gulliver si sia messo a giocare con la sabbia e abbia costruito tante case sulla spiaggia, anche se lì non c'è il mare, c'è solo il silenzio forse più che altrove e l'immancabile muezzin in lontananza ti ricorda che Allah è grande.





Sarà forse il qat a rendere tutto così lento e a far scomparire il tempo. Ovunque ci sono i minareti e le preghiere rimbalzano di casa in casa, di muro in muro, perché Allah qui è ovunque, anche nella sabbia. 
Lo Yemen è un posto magico sospeso nel tempo, a cinque ore di aereo da Roma, due ore in avanti come fuso orario ma qui Maometto potrebbe ritornare senza accorgersi di essere stato via. "

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