Ogni tanto mi tocca una trasferta a Milano e questa volta si preannuncia impegnativa. Cerco quindi di
predispormi all’ottimismo estremo e all’indifferenza verso tutto ciò che potrebbe
turbarmi.
I miei buoni propositi di essere zen e distaccata vengono subito messi alla prova da Trenitalia.
Perché gli amministratori delegati che si sono succeduti negli anni hanno
riversato il loro odio nei confronti di chi deve prendere il treno e non può
pianificarlo quattro mesi prima per usufruire delle loro offerte? A che serve fare la
promozione Milano - Roma a 17 euro se poi il relativo biglietto è più raro di quello dorato di Willy Wonka?
Salgo a Porta Susa, dove inizia la gara di sopravvivenza tra i pendolari: ogni
mattina si alzano e sanno che dovranno correre più veloce di un altro pendolare
per evitare di viaggiare in piedi fino a Milano. C’è gente che ha iniziato la
carriera podistica così, e ora si allena sugli altopiani etiopi per correre la maratona
di New York.
Gli unici posti che si trovano facilmente sono quelli standard, in cui spazio vitale è minimo. Nei posti a
quattro dove si sta intorno al tavolino, il viaggio diventa una battaglia a colpi di calci con il dirimpettaio per avere il diritto di
stendere le gambe e di gomiti con il vicino a lato per conquistare il bracciolo
in comune. Nei viaggi lunghi si rischia
di prendere più botte che in un incontro di Muay Thai.
Decido di puntare tutto sulla prima carrozza, poco frequentata perché
abitata dalla temibile figura del capotreno, incubo di tutti i viaggiatori a
sbafo. Trovo posto quasi subito e mi adagio
nel mio sedile. Noto con piacere che c’è una presa elettrica per ricaricare il
telefono e penso che la giornata andrà bene.
Ho appena il tempo di formulare questo pensiero quando accanto a me si
siede l’ Uomo Qualunque. Egli inizia ad agitarsi a Chivasso: forse sente
che c’è la connessione 4G e automaticamente il vagone diventa il suo ufficio.
Prima chiama i colleghi (dai quali è passato prima di andare in stazione) e
comunica di essere in treno e ovviamente reperibile. L'Uomo Qualunque è indifferente alle occhiate di rimprovero degli altri passeggeri. E' in uno stato di trance come i veggenti di Medjugorje: lui è convinto di essere seduto alla sua scrivania. Man mano che ci avviciniamo a Milano, il mio vicino di posto (tra
una gomitata e l’altra per il bracciolo) a Santhià ha già contattato
tre clienti, a Vercelli ha richiamato in
ufficio per controllare la situazione, a Novara va in bagno per ottimizzare i
tempi (non si può perdere tempo per la minzione quando si è in giro per lavoro),
a Milano scende per primo dal vagone con
la faccia di chi conquisterà Wall Street.
Io
invece ogni volta che arrivo alla stazione Centrale scendo dal treno ridendo da sola, perché ripenso sempre alla scena in cui i fratelli Caponi, alias Totò e Peppino, arrivano dal Sud vestiti da "milanesi" con colbacco e cappotto in piena estate.
Mentre mi preparo per scendere, mi congratulo con me stessa per non aver strozzato a mani nude il mio molesto vicino. Il mio compiacimento viene interrotto quando noto con
orrore che il mio telefono non si è caricato. La presa c’è, ma non è funzionante.
Certi traumi sono duri da superare, per fortuna ho una batteria extra che purtroppo non
basterà per tutta la giornata. Oltre il danno, la beffa. Io non ho usato il telefono ed è quasi scarico, mentre l'Uomo Qualunque ha già il cellulare attaccato all'orecchio. Sospetto che sia stato silenziosamente ricaricato dall'energia eolica derivante dal giramento di palle di tutti i passeggeri del treno. Energia che si è concentrata tutta su di lui, e il mio telefono non ne ha beneficiato.
Anubi, quando peserai l’anima degli
amministratori delegati di Trenitalia (873mila euro
di stipendio nel 2012)
ricordati di aggiungere sulla bilancia un caricabatterie di una tonnellata. Grazie.
Per l’appassionante racconto sul ritorno (titolo del post “Modella e
Ciambella”) non cambiate canale. Giuro che lo scriverò, prima o poi.
(nella foto, ex pendolari tra Torino e Milano impegnati nella finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Londra 2012)