domenica 31 gennaio 2016

IL MATTONE IN VIAGGIO




Ogni volta che rileggo le liste che compilavo prima della partenza all’inizio della mia carriera di viaggiatrice, mi rendo conto di quante cose siano cambiate in questi anni. L’elenco comprendeva gli  indirizzi per cartoline  e i  rullini fotografici  più un taccuino su cui io segnavo i tempi di esposizione di ogni foto che scattavo.  Ora invio le foto con Whatsapp e  tutte le impostazioni  relative ad una foto (tempo, esposizione ecc) le posso trovare cliccando tasto destro del mouse (ma non le guardo praticamente mai).

Tra le altre cose, avevo l’abitudine di portare un libro in viaggio.

Essendo spensierata e incurante del peso del bagaglio, non badavo al numero delle pagine e mi sono portata in viaggio tomi di dimensioni notevoli di cui ho potuto fare anche usi alternativi, tra i quali agitarli come arma contundente, riequilibrare tavoli traballanti in stamberghe in mezzo al nulla, oppure come supporto per autoscatto e/o pose lunghe.

La scelta era fatta accuratamente perché l’oggetto doveva possedere una serie di caratteristiche precise: doveva essere scritto da un autore nato e/o cresciuto nel posto verso cui mi stavo dirigendo, oppure doveva narrare una storia di quei luoghi (in tal caso andava bene anche se chi l’aveva scritto non era originario del paese). L’importante è che in qualche modo avesse una connessione con la mia destinazione.

Il rito prevedeva inoltre di iniziare a leggere il libro in viaggio, quasi utilizzandolo come se fosse una lente per capire la realtà che avevo intorno a me; non era importante finirlo in viaggio, anzi era anche meglio perché in un certo senso era un modo per prolungare la vacanza.

Il libro che avevo scelto per la Cina era un voluminoso tomo di ben 681 pagine, copertina rigida e titolo che evocava noia: “Cigni Selvatici”, scritto da Jung Chang.

Che cosa vi evoca il titolo in oggetto? Come immaginate che si svolga la storia? Vedete voi due eterei pennuti che si beccano in un frullare di ali ai bordi di un lago nei pressi della Grande Muraglia?  Una storia di amore in cui la giovane e ingenua ragazzina cinese viene raggirata e muore come tutte le eroine tragiche e un po’ sceme (un po’ la trama di Madama Butterfly, anche se lei era giapponese). Niente di tutto ciò.

"Cigni selvatici" è la vera storia di tre generazioni di donne che vivono le loro vite in tre mondi completamente diversi.

La prima è la nonna dell’autrice, Yu-fang, nata nel 1909 da una donna che non aveva nemmeno un nome (si chiamava “figlia numero due”). La vita in Cina era difficile, il paese era nelle mani dei signori della guerra, non esisteva un sistema legale e le donne erano considerate più come beni che come persone. I matrimoni erano  organizzati in quanto veniva considerato disonorevole sposarsi per amore. La nonna di Jung nasce in questo mondo feudale, dove all’età di due anni le vengono fasciati i piedi come impone la tradizione in modo che le restino molto piccoli (cosa che le causerà dolori atroci per tutta la vita). Yu-fang viene data come concubina ad un generale già sposato, e passa anni reclusa in casa in attesa del di lui ritorno dalla guerra.

La seconda donna  è la madre dell’autrice, De-hong, che nasce  nel 1931.  La moglie del generale vorrebbe prenderla con sé. Appresa la notizia, Yu-fang rapisce la propria figlia e scappa (con i suoi piedini fasciati). Da adulta, De-hong entrerà nel partito comunista dove incontrerà un integerrimo funzionario  da cui nascerà Jung, l’autrice del libro. La vita della loro famiglia sarà per sempre legata al partito, nel bene e soprattutto nel male.

La terza donna è l’autrice, che dopo un lungo percorso che parte da una devozione cieca e totale per Mao e la sua politica, arriva a valutarne i vari aspetti con uno spirito critico che tutto e tutti intorno a lei miravano a far sparire. Diventerà molti anni più tardi cittadina britannica.
Una parte della sua vita che mi ha colpito è che era stata mandata a fare l'elettricista, senza avere nessuna preparazione: controllava la tensione elettrica usando il gomito.


Tramite la storia di  queste  tre vite sorprendenti,  Jung Chang racconta la storia della Cina del XX secolo dalla dinastia Qing  di inizio Novecento  al 1980, passando per Mao, la battaglia tra il Kuomintang e comunisti, il “Grande balzo in avanti” e la “Rivoluzione culturale”.



Non avete idea di cosa siano tutti questi nomi? Li avete sentiti a scuola e non vi ricordate nulla? Leggere questo libro vi farà ricordare una volta e per sempre cosa realmente sono stati quegli anni per la Cina e i suoi abitanti, e le prove durissime che hanno dovuto superare.



La libertà è  stata il primo diritto ad essere revocato in nome dell’eguaglianza, chiunque fosse anche solo sospettato di essere contro la rivoluzione era internato o ucciso. Una carestia ha ucciso trenta milioni di persone, ma si è saputo molti anni dopo.



Leggendo questo libro ogni tanto alzavo gli occhi e guardavo i cinesi attorno a me, e mi sembrano meno uguali tra di loro. Immaginavo le storie delle loro famiglie, divise tra la fedeltà al partito, la fame, la disciplina in un mondo chiuso dove è difficile avere un pensiero proprio che sia diverso o addirittura critico del potere costituito.

I cinesi sono passati in cento anni dal medioevo a dominare economicamente il mondo, ora sono presenti in tutto il mondo eppure sono così silenziosi, quasi invisibili. Forse ci sembrano incomprensibili e freddi, ma è un popolo che in meno di cento anni ha vissuto esperienze durissime.



La maggior parte delle persone a cui ho consigliato questo libro mi ha detto che ha fatto fatica a posarlo, da quanto era avvincente. La storia narrata non è delle più facili, e nonostante alcuni passaggi storici un po’ complessi, il libro scorre via come un fiume. Una volta finito, mi è dispiaciuto chiudere il libro e avrei quasi voluto rileggerlo di nuovo.



Forse dovrei ritornare in Cina, in modo da guardarla con occhi diversi perché avrei capito di più del paese chestavo visitando se avessi letto qualche pagina in più del libro. Allora non avevo avuto molto tempo perché tra le altre cose mi era toccato anche un giro in ospedale. Vi siete persi il racconto? Male! Trovate il link qui!



Buona lettura!



p.s. Al ritorno in Italia, ho scoperto che il libro era proibito in Cina. Io ovviamente avevo comprato l'edizione con la foto dell'autrice in copertina: se mi avessero controllato il bagaglio, forse mi avrebbero sequestrato il libro. 
Vi consiglio di leggere "Cigni Selvatici", ma con il senno di poi non me lo porterei in viaggio. 
Questa è la scheda di Anobii:
http://www.anobii.com/books/Cigni_selvatici/9788850208470/01b438fe367268dd40
 
Ni Hao!




mercoledì 13 gennaio 2016

HAPPY BLOGDAY TO ME !



E’ passato un anno: il 13 gennaio 2015 nasceva con parto cesareo questo blog.  

Qualche giorno prima, in un momento di scelleratezza assoluta, avevo dato l’annuncio che avrei aperto un blog (cosa che fino ad una settimana prima non aveva mai suscitato in me alcun interesse).   Il 12 gennaio sera ero lì che dicevo a me stessa: “ E adesso??”.


L’idea era di avere uno spazio a cui dedicare momenti positivi, ritagliarmi uno spazio a cui dedicare tempo alle due  più grandi passioni della mia vita: viaggiare e scrivere.


Non sapevo nulla di blog, grafica,  widget o script. Anche adesso la mia conoscenza è a livello base, dato che il mio interesse è principalmente comunicare con le persone che mi conoscono.


Così il 13 gennaio 2015 con una storia di viaggio, di quelle che di solito racconto ai miei compagni di avventure in giro per il mondo, è nato “Katia Around the World”.

Non avevo idea di come l’avrei sviluppato, di come sarebbe cresciuto. E’ stato un seme piantato il mezzo al web, che nelle mie intenzioni super ottimiste degli esordi, pensavo che avrei innaffiato settimanalmente.

Invece il 2015 si è rivelato un anno piuttosto intenso (mi sembra che siano passati dieci anni e non solo 12 mesi), quindi il blog è stato spesso trascurato. Quando ormai avevo deciso di abbandonarlo silenziosamente al suo destino e chiuderlo di nascosto, inaspettatamente ho iniziato a ricevere messaggi tipo “ma non scrivi più?” , “io lo seguo il tuo blog” e “no, non smettere di scrivere”.

Così ho rianimato un po’ la piantina, che nel 2015 ha messo solo 14 foglioline (=post) e nel 2016 spero di farla crescere un po’ di più.


Oggi sono molto contenta di questo piccolo spazio, perché ha una data di nascita che ho deciso io,  è un compleanno ed io i compleanni li adoro a differenza di tutte le altre feste. I compleanni sono personali, apri gli occhi al mattino e quello è il tuo giorno (e di poche altre persone, ma non di tutti), non è una festa collettiva.


Quindi oggi è festeggio il compleanno della mia creatura, brindo con dell'ottimo sciroppo calmante per la tosse (il mojito lo lascio per il weekend).
Finora i  risultati di questo primo anno sono i seguenti:

1.   Aver scelto come titolo “Katia Around the World” mi ha portato una sfiga pazzesca perché praticamente non mi sono mossa da casa. 

2.   Il blog mi ha permesso di conoscere persone interessanti,  sono stata invitata a parlare di viaggi in qualità di esperta (e lo sono, vagabondo per il mondo dal 1999) e persone che avevo perso di vista nel corso degli anni mi hanno contattata dopo aver letto i miei post.


Il blog andrà avanti un po’ di vita sua, non so cosa ci scriverò ma so cosa NON ci sarà:  niente banali diari di viaggio di cui il web è già strapieno, niente consigli su ristoranti e hotel (c’è Tripadvisor per quello), niente liste “i 10 posti del mondo che dovete assolutamente vedere”.*



Grazie a tutti quelli che sono passati a leggere i miei racconti!


Vi abbraccio come Gianni Morandi (ma ho le mani molto più piccole e non ho Anna che mi fa le foto).


Baci


Katia



*sull’ultimo punto non garantisco, ammetto di sentire forte il richiamo di scrivere “i 10 posti del mondo che dovete assolutamente vedere”.

Che la Forza sia con me!


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