martedì 10 febbraio 2015

LA BIGLIETTERIA DELLA BASTIGLIA



Giuro che è vero.
Stanotte ho sognato di ricevere una telefonata.
Ero seduta alla scrivania, rispondo e una persona mi dice " ciao, sono il portavoce del tuoi lettori del blog. Siamo in 22 e siamo preoccupati: perché hai smesso di scrivere?"
Nel sogno pensavo "non è vero, mi stanno prendendo in giro".
Il mio capo fan club prontamente rilancia: "guarda che ci siamo davvero siamo in 22, ti sosteniamo!". Andavo a guardare su internet ed in qualche modo verificavo che non stava mentendo, erano proprio in 22. Erano pure entusiasti, per la mia incredulità.
 
Avevo promesso a me stessa che avrei fatto sopravvivere il blog almeno un mese (13 febbraio)  ma la voglia vacillava.
Ci ha pensato il mio subconscio a sollecitarmi e alla fine eccomi qui a scrivere.

Potrei parlare dell'ultimo viaggio, ma devo ancora finire di mettere a posto le foto, quindi non cambiate canale che prima o poi (cioè poi) scriverò anche di questo.

Oggi vi intratterrò con una storia di vita vera, capitatemi recentemente, che dimostra come anche un semplice gesto come prendere dei biglietti per un evento possa  avere delle ripercussioni inaspettate.


La vicenda si apre con me che vispa e ottimista trovo parcheggio vicino alla biglietteria in una soleggiata e limpida giornata di gennaio.
Il giubilo aumenta quando vedo che non c'è nessuno in coda.
Non mi pare vera cotanta fortuna, e infatti non lo è: i biglietti sono già esauriti.
Disappunto, infelicità e rassegnazione. Il giovane hipster dietro il vetro mi dice di tornare il giorno seguente, perché ne arriveranno altri.
E' un po' uno sbattimento ritornare, ma pazienza.

Il mattino seguente il cielo è di un color asfalto intenso, la colonnina di mercurio segna pochi gradi sopra lo zero, c'è vento. Trovo parcheggio a 2 km dalla biglietteria. Arrivo e c'è coda.
Il manuale del pignolo prevede che arrivando si chieda "chi è l'ultimo?". Nel mio caso l'ultima è  una  vecchina, con il fazzoletto annodato sotto il collo, che mi dice che si è spostata per poter controllare la sua  bici legata ad un palo. Tenerezza.

Quando il giovane hipster apre il botteghino  comunica che i biglietti non ci sono. Il panico serpeggia tra la gente che ha occupato buona parte del marciapiede. La coda si allunga, forma varie curve disegnando un'immagine di Snake, il gioco del Nokia 3310 che tutti ricordiamo.
Io sono la settima, dietro di me almeno una trentina di persone. I primi della fila chiedono qualche informazione in più, ma vengono rimbalzati dal giovane hipster che liquida tutti dicendo "i biglietti arriveranno" .

Le ricerche socio-antropologiche delle dinamiche della gente che aspetta in coda hanno aspetti molto interessanti.
Il mio studio ha evidenziato quattro categorie.
Ci sono gli Impazienti: quelli che se ne vanno e stop. Questa categoria include due sottotipi: quelli che se ne vanno con il botto, sacramentando a gran voce contro un'autorità qualunque, e quelli che lo fanno in perfetto silenzio.
Il secondo gruppo è quello degli Immobili. Gente in piedi, che non parla, non interagisce, che sembra assente e di cui dopo un certo numero di minuti si sospetta che sia in una fase di coma vigile con attive solo il minimo delle funzioni vitali.
Il terzo gruppo è quello dei Capi della Rivolta. Si riconoscono tra di loro anche senza essersi mai visti e si spalleggiano: c'è un portavoce che si fa carico della protesta e i gregari lo appoggiano.
I restanti sono gli spettatori che, adeguatamente sobillati, possono dare manforte alla rivolta.
Nel caso specifico, il Robespierre dei noiatri è un pensionato molto battagliero. Ha appoggi in alto e potrebbe indagare per sapere se davvero i biglietti sono in viaggio verso di noi, ma sfortunatamente il suo telefono cellulare non ha credito. Gli offro di chiamare con il mio. Stupito e riconoscente lo fa. Il responso è consolante: arriveranno tra  una decina di minuti.
I minuti passano,  si accumulano fino a diventare una mezz'ora e poi un'ora.
Cosa potrebbe andare peggio? Potrebbe piovere? E infatti inizia a piovere.
Ormai il malcontento popolare dilaga tra la folla. Il giovane hipster si è barricato dietro il vetro e non risponde più. C'è chi propone azioni di forza e occupazione forzata della biglietteria ("almeno stiamo al caldo"!).

Che fare?

Come affrontare questa situazione? Cercare una conciliazione, ascoltando il Segretario Generale dell'ONU che vive in me, oppure aggregarmi alla folla dei forconi della biglietteria?
Mentre dentro di me inizia il ping pong tra le opzioni Mediazione vs Presa della Bastiglia, il tempo cambia, ovviamente non in meglio. Nevica.
Dapprima qualche fiocco, poi lentamente attorno a noi inizia a diventare tutto bianco.
La vecchina con il foulard annodato sotto il collo mi dice che non sa se ce la farà a passare il cavalcavia in bicicletta. Tristezza.
Gli immobili iniziano ad assomigliare lentamente prima a dei reduci di una spedizione polare, poi a dei pupazzi di neve.  Gli impazienti sono spariti da tempo. Gli altri sono, chi più chi meno, furibondi.
Io opto per l'opzione "Mediazione" e sorridendo mi avvicino al vetro che separa me dal giovane hipster.
"Ciao giovane hipster, so che tu non hai biglietti, ma potresti gentilmente sincerarti di dove siano? Perché qui fuori, come vedi, sta nevicando"
Il giovane hipster mi risponde "non posso".
"Perché? La neve ha già tagliato le comunicazioni?"
"Ho già chiamato prima all'apertura".
"Allora puoi richiamare gentilmente, visto che è passata più di un'ora?"
"No".
"Se mi dai il numero, chiamo io, non c'è problema".
"Non posso dare il numero a nessuno, è riservato".
Il giovane hipster chiude la tendina. Nel vetro ora vedo il mio riflesso. Vedo Katia.
K come Kerosene, A come Atrocità, T come Terremoto o Tragedia, I come Ira di dio, e A come Adesso spacco il vetro e ti sfascio la biglietteria.
Chi ha assistito dietro di me rumoreggia. Tutti hanno cappotti, giubbotti e berretti ricoperti di neve.
No, non posso tollerare tanta ingiustizia.

Devo agire con razionalità: chi è a capo di questa catena di ritardi? Chi può cazziare tutti a morte? Qual è il nome che farà tremare tutti i lassisti e farà apparire i biglietti?

Prendo il telefono, Google, cerco "Presidente capo supremo del servizio biglietteria". Chiamo.
"Buongiorno, vorrei parlare con il Presidente".
"Chi parla?"
"Una cittadina scontenta"
Mi sento in piazza della Bastiglia, il 14 luglio 1789. L'étendard sanglant est levé.
Attorno a me, silenzio.


Mi passano la segretaria, alla quale spiego la situazione. Lei capisce, mi ringrazia e mi assicura che si accerterà le responsabilità e farà di tutto per sbloccare la situazione.
"Di quanti biglietti ha bisogno? "
"Quattro"
"Glieli metto da parte, passi domani a prenderli".

Incredula,  ora posso andarmene via.
Un po' la folla mi odia, un po' mi acclama.
Mi sento  in colpa: che farà la vecchina? Gli immobili si sbrineranno tutti? Il pensionato Robespierre riuscirà ad avere i biglietti?
Le mie mani sono violacee, non ho i guanti. Guardo l’ora, non posso restare oltre. Il partigiano Roby mi sostituirà nella lotta.

Mi giro, saluto tutti e me ne vado.
Uno gli Immobili si risveglia dalla catalessi per sussurrare al mio passaggio "mortacci tua".

p.s. Caro subconscio, piuttosto di ricevere telefonate da fantomatici ammiratori del blog, fammi sognare Matthew McConaughey. Allego foto.











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